Il Caffè italiano, un simbolo nel mondo

In Italia il caffè si affaccia per la prima volta nel 1570 a Venezia (più sensibile alle influenze dall’Oriente), sotto forma di chicchi portati dall’Egitto, inizialmente venduti in farmacia, a costi peraltro molto elevati: circostanza che ne riservava l’accesso e l’uso ai soli ceti abbienti.
Su questa scia il caffè si trasforma anche in Italia in una bevanda per infusione ed apre la strada allaprima “bottega del caffè”, che viene aperta sempre a Venezia nel 1683: tradizione che nel tempo si consolida grazie al “Caffè” più antico d’Italia, il Caffè Florian di Piazza San Marco, fondato nel 1720. Tutto mentre la Chiesa ne aveva contrastato l’esordio, considerando il caffè una bevanda degli “infedeli” musulmani, finchè Papa Clemente VIII diede la sua approvazione e tutto andò normalizzandosi.

Da allora per il caffè, a tutte le latitudini del nostro Paese e del mondo, è una straordinaria cavalcata, che l’Italia, tuttavia, sviluppa con una sua precisa connotazione: il caffè, ben presto, diventa “simbolo di italianità” (di piacere, convivialità, relax, energia, life style rigorosamente “made in Italy”), incontrando due città, Trieste e Napoli, che ne diventano fedeli e appassionate custodi.
Nello specifico è Napoli che, per antonomasia, viene eletta la “capitale del caffè”, sviluppando un gran numero di torrefazioni – ognuna col suo distintivo tratto di gusto – e passando, nel corso degli anni, dal “metodo alla turca” (di bollitura in acqua di caffè macinato e poi versato in tazza) alla “caffettiera napoletana”, importata alla Francia ed inventata da uno stagnino parigino.
Napoli e la Campania sono i primi consumatori di caffè in Italia, seguiti sul podio da Lazio e Sicilia: patria del “caffè sospeso” (antica usanza filantropica e solidale, con il dono della consumazione di una tazzina a beneficio di uno sconosciuto, diventato anche opera letteraria), Napoli si conquista negli anni il titolo di “miglior caffè” d’Italia, grazie al carattere igroscopico dei chicchi che, nella città partenopea, sono in grado di assorbire meglio l’umidità dall’aria e, gonfiandosi, rendono la loro macinatura più grossa e aromatica.

Napoli, ma non solo, perchè il caffè è un vero e proprio “fenomeno italiano”, atteso che il 97% degli italiani beve caffè con “l’espresso”, che è fatto proprio dall’82% del consumo del Bel Paese, seguito per preferenza dal caffe “lungo”, da quello “doppio” e dal “lungo in tazza grande”.
Gli Italiani, in media, bevono 1,6 tazze di caffè al giorno, che per i consumatori abituali della bevanda più popolare al mondo si trasformano in 3 o 4 appuntamenti quotidiani: prima mattina, metà mattinata, dopo pranzo e dopo cena.
Un’abitudine che, per i 149.000 bar italiani, significa una media di 175 caffè al giorno, ai quali si sommano i “caffè fatti in casa” e quelli consumati sui posti di lavoro, anche con uso di cialde (che attualmente valgono un mercato di 500 MILIONI di euro).
Oltre ad importarlo, l’Italia “tosta” all’anno 250 MILIONI di chilogrammi di caffè, ma da qualche anno è stata avviata una “filiera italiana” del caffè in Sicilia, dove si sta realizzando una produzione di nicchia, che inserisce questo caffè tra i cosiddetti “biofermentati”, come il Kapi Luwak o il Black Ivory da oltre 80 dollari a tazza. Le abitudini di consumo variano curiosamente a seconda delle regioni e delle tradizioni locali.

I bevitori delle regioni settentrionali prediligono un caffè con blend sottili, un sapore leggermente acidulo e una bassa concentrazione di caffeina. Quelli del Mezzogiorno preferiscono un caffè dal gusto rotondo e deciso, caratterizzato da un colore scuro e una consistenza cremosa. Le differenze tra Nord e Sud si manifestano anche nella tostatura, il processo che permette al chicco di rivelare la sua essenza, sprigionando aromi e sapori unici e inconfondibili: nel Nord Italia la tostatura è solitamente media, mentre al Sud è più scura e produce un caffè con un sapore più forte e corposo. Nonostante la tradizione del caffè al bar, il consumo domestico di caffè in Italia raggiunge l’82% del totale, superiore alla media, pari al 79%, registrata nei Paesi dell’Unione Europea. La GDO italiana canalizza oltre la metà dei volumi di caffè torrefatto venduti, con un ulteriore 20,6% veicolato dalla vendita al dettaglio tradizionale, dai negozi specializzati e dall’e-commerce. Il rimanente 25,2% è, invece, ripartito tra alberghi, ristoranti, caffetterie e catering (15,4%), distributori automatici e Office Coffee Service (9,8%).

In Italia, il caffè è molto più di una semplice bevanda: è un rito, una pausa dalla routine quotidiana, un momento di convivialità e socializzazione. Non è un caso se il famoso caffè al bar è diventato un’icona della cultura italiana. Per molti italiani, la giornata non può iniziare senza una tazzina di caffè, accompagnata o meno da una colazione veloce o da un cornetto al bar. Secondo il focus condotto da Coffee Monitor, solo il 5% non si abbandona al gusto amaro di questa bevanda. Il 92% consuma il caffè a casa, prediligendo la preparazione con la moka, ma aumentano sempre di più quelli che si orientano sull’uso di capsule e cialde. La parte restante preferisce gustare un buon espresso al bar, magari accompagnato da un dolcetto. Ma il consumo di caffè in Italia non si limita al mattino: molti amano sorseggiarlo in diversi momenti della giornata, per rendere la mente più lucida e fare una pausa dagli impegni quotidiani. Anche nel contesto lavorativo, il caffè rappresenta un’irrinunciabile pausa rigenerante e la macchina del caffè è il punto di incontro perfetto per fare quattro chiacchiere con i colleghi. Se la maggior parte degli italiani si concede una tazza al risveglio o nel corso della giornata, c’è anche chi non rinuncia al caffè dopo cena, senza paura di trascorrere la notte in bianco.

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